martedì 14 febbraio 2017

"El gaucho Martin Fierro" - Il poema argentino

« Aquí me pongo a cantar,
al compás de la vigüela
que al hombre que lo desvela
una pena extraordinaria,
como el ave solitaria
con el cantar se consuela. »

Questo è l'incipit della più grande opera di Josè Hernandez, "El gaucho Martin Fierro", uno dei classici della letteratura argentina, oltre ad essere un fondamento del genere gauchesco.
In questo poema, il narratore è un gaucho (una sorta di mandriano simile a un cowboy), chiamato Martin Fierro, che racconta in prima persona la sua vita: il reclutamento nella milizia per servire l'esercito, l'abbandono della famiglia, la dura vita in frontiera, le avventure come gaucho disertore e molte altre.
Il protagonista si presenta come il prototipo del gaucho. Spirito libero e indipendente, solitario, pacifico, conoscitore della vita selvaggia e dei campi. Dopo la sua disertazione, spinta dalle cattive condizioni di vita nel forte, commette degli assassini, a causa dei quali sarà perseguitato dalle forze dell'ordine. Decide di abbandonare la civiltà e di andare a vivere con gli indios.

Diviso in tredici canti, è costituito da 2016 versi totali scritti in ottonari. Predominano le sestine e lo schema di rime è ABBCCB.
La lingua scelta da Hernandez è vicina a quella del parlato gauchesco:

Riduzione vocalica (es. pacencia per paciencia).
Riduzione dei gruppi consonantici (es. vitima per víctima).
Nella desinenza -ado si perde la d (certificao per certificado).
Davanti il dittongo ue f diventa j (juego por fuego).
La d diventa l (alquirir en lugar de adquirir).
Frequente aspirazione di h (juir por huir)
Indigenismi (pingo, china, choclo, bagual, tape)

Josè Hernandez compose, sette anni dopo, anche una seconda parte del poema, "La vuelta de Martin Fierro", dove cambia la psicologia del personaggio e gli intenti stessi dell'autore
.
El gaucho Martin Fierro non è solo un classico della letteratura argentina, ma è  considerato il poema nazionale degli argentini, paragonabile alla Divina Commedia per gli italiani.

giovedì 2 febbraio 2017

"Un disastro", poesia di Serj Tankian

Serj Tankian, frontman della band metal "System of a Down", ci propone nella sua raccolta di poesie "Cool Gardens" (2002) dei componimenti alquanto audaci. Ecco a voi un delle sue poesie.

Un disastro

Isotopi astronomici mormorando,
la formazione di una nota,
per denotare la formazione dell'inchiostro,
Credo,
ciò nonostante,
io sono un disastro
una Metafora?

A Mess - Lingua originale

Astronomical isotopes murmuring,
The formation of a note,
To denote the formation of ink,
I think
Nonetheless,
I'm a mess
A Metaphor?

"Una domenica senza Dio": un anime per riflettere

Una domenica senza Dio (titolo originale Kamisama no Inai Nichiyoubi) è un anime e manga ideato da Irie Kimhito. In un mondo abbandonato da Dio, vita e morte non sono più le stesse. Le persone non nascono più e chi muore torna in vita subito dopo, anche se il corpo viene danneggiato. Tuttavia prima di lasciare il mondo, Dio concesse un ultimo miracolo: i Becchini. Questi sono in grado di seppellire i morti e dargli il riposo eterno. I Becchini non invecchiano e non hanno bisogno di soddisfare i beni primari come la fame.
Ai Astin, la giovane protagonista della serie, è una dodicenne nata dall’amore tra un Becchino e Hupni Humbert, un altro Becchino che, dopo aver ucciso tutti nel villaggio, rivela ad Ai che in realtà erano già morti. Così Ai li seppellisce garantendogli il dolce riposo. Humpni Humbert si rivelerà essere il padre di Ai, ma lei non potrà goderselo poiché morirà poco dopo.
un’umana. Lei abita in un villaggio di campagna insieme ad una quarantina di persone che la adorano. Dopo la morte della madre, Alpha, l’amore degli abitanti del villaggio verso di lei aumenta. Ma ciò dura solo fino all’incontro  con
I temi della serie sono la vita e la morte, l’amicizia e il desiderio.


La vita e la morte

Nel mondo reale, la morte è sempre in agguato e quando arriva non la si può fermare. Ma in quest’universo alternativo, anche se si muore, si rinasce subito dopo. Potrebbe sembrare una fortuna quella di vivere in eterno, ma non è proprio così. È per questo che ci sono i Becchini che vagano per il mondo e seppelliscono i morti. Ma non tutti i morti vogliono essere seppelliti. Infatti c’è una Ortus, nella quale risiedono solamente i morti, e se qualche vivo vuole abitarci, deve prima fare una cerimonia nella quale rinuncia alla vita. Il controsenso di Ortus, la città utopica dei morti, è che è governata da una principessa viva, dai poteri sovrannaturali.
gigantesca città chiamata

L'amicizia

Ai, durante tutto il suo viaggio, fa molte amicizie. Quella con il padre, che purtroppo dura poco. Quella con Yuri e Scar, il primo un vivo che si prende da subito cura di lei, mentre la seconda un Becchino come Ai. L’amicizia con la Principessa Ulla di Ortus o i ragazzi dalle straordinarie capacità dell’Accademia di Goran. Ai incontra una vasta gamma di persone diverse, le accetta per come sono e si fa accettare lei stessa. Morti, Becchini, vivi, fantasmi, principesse e strani ragazzi, lei impara a conoscerli tutti e non disprezza nessuno.

Il desiderio

Desiderare ardentemente qualcosa nel mondo di Una domenica senza Dio può portare ad avere un sogno realizzato concretamente. Esempio sono i ragazzi dell’Accademia di Goran, che hanno capacità speciali proprio perché le hanno desiderate con tutto il cuore. Chi respira sott’acqua, chi ha una presa delle mani fortissima, due gemelle che in realtà sono tre,  Tanya che essendo nata cieca ha ottenuto una “vista interiore”, o Alis dalla mira straordinaria. Solo il desiderio di Ai viene esaudito alla fine...

Conclusioni

Una domenica senza Dio è una serie che induce a riflettere sulla vita, sulle relazioni sociali e sul proprio mondo. Il viaggio di Ai è un percorso filosofico verso la scoperta di se stessa, delle sue radici e dei suoi obiettivi. Un ovvio consiglio, sia per appassionati che non, è quello di vedere la serie e godersi non solo la trama elaborata, ma anche i messaggi che trasmette.


mercoledì 1 febbraio 2017

Cosa significa realmente "orwelliano"?

Il significato della parola orwelliano, derivato dal cognome dell'autore George Orwell, viene spesso frainteso. Dato che l'opera maggiora di Orwell è stata 1984, in cui viene descritto un mondo distopico caduto nelle mani delle dittature, si attribuisce a orwelliano semplicemente il significato di autoritario. Ciò non è errato, ma nemmeno rende appieno il valore di questa parola. Infatti, una corretta definizione di orwelliano potrebbe essere: uso ingannevole e manipolativo della lingua, disinformazione. 
Purtroppo, i vocabolari riportano solo il primo significato, quello di autoritario.

Nel romanzo, questo termine viene messo in pratica. La neolingua, il bipensiero, l'ironia dei nomi di ogni ministero, gli acronimi, fanno tutti parte di un linguaggio orwelliano, creato artificialmente dai vertici del potere per diminuire il pensiero del popolo e renderlo più docile.

Attenzione, non deve esserci per forza un presupposto autoritario affinché questa parola possa essere usata. Basta pensare ai giorni nostri. La pubblicità che usa parole ben studiate per aumentare le vendite, i telegiornali che alterano le notizie, i leader che dicono ciò che gli è più comodo sono altri esempi orwelliani.

venerdì 27 gennaio 2017

Il mito del minotauro nella Divina Commedia

Dante, per la composizione della Divina Commedia, ha attinto da un vasto repertorio di personaggi storici, personaggi a lui contemporanei e molte figure mitologiche. Interessanti sono quelli appartenenti al mito del minotauro, ovvero Minosse, Pasifae, Teseo e il mostro stesso.


Minosse

Minosse si trova nel II cerchio infernale, ovvero quello dei lussuriosi. Egli è il Giudice dei dannati. Avvolge la sua coda attorno al corpo del dannato tante volte quanti sono i cerchi che dovrà scendere
per trovare la sua collocazione. Viene citato anche da Guido da Montefeltro  (XXVII, 124-127) e da Griffolino d'Arezzo (XXIX, 120).

Inferno, V, vv 4-12                                                     Parafrasi

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:                        Minosse sta orribilmente sulla soglia e ringhia:essamina le colpe ne l' intrata;                                   esamina le colpe dei dannati che si presentano;giudica e manda secondo ch' avvinghia.                  li giudica e li destina a seconda di come attorcigli la coda.Dico che quando l'anima mal nata                             Dico che quando l'anima dannata li vien dinanzi, tutta si confessa;                              si presenta davanti a lui, rende piena confessione; e quel conoscitor de le peccata                                  e quel conoscitore dei peccati vede qual loco d'inferno è da essa;                         stabilisce in quale zona dell'Inferno debba andare;cignesi con la coda tante volte                                   si cinge con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa.            quanti sono i Cerchi che il dannato deve discendere.





Pasifae


Pasifae, viene collocata  nella VII Cornice del Purgatorio, dove si sconta il peccato capitale della
lussuria. La regina, lussuriosa secondo natura per aver fornicato con una bestia, si contrappone ai sodomiti, lussuriosi contro natura.









Purgatorio, XXVI, 40-42                                    Parafrasi

la nova gente: «Soddoma e Gomorra»;                nuovi arrivati gridavano: «Sodoma e Gomorra»;
e l’altra: «Ne la vacca entra Pasife,                     e gli altri: «Pasifae entra nella vacca di legno,

perché ’l torello a sua lussuria corra».                 perché il toro corra a soddisfare la sua lussuria».


80-87

Nostro peccato fu ermafrodito;                            Il nostro peccato, invece, fu di natura eterosessuale; 
ma perché non servammo umana legge,               ma poiché non osservammo la legge umana,
seguendo come bestie l’appetito,                          seguendo come bestie l'appetito dei sensi, 

in obbrobrio di noi, per noi si legge,                      per nostra vergogna quando ci separiamo
quando partinci, il nome di colei                           gridiamo il nome di colei (Pasifae)

che s’imbestiò ne le ’mbestiate schegge.                che divenne una bestia nella falsa vacca di legno.

Il Minotauro

Scendendo dal VI al VII cerchio degli inferi, Dante e Virgilio si ritrovano in una impervia discesa. E' qui che incontrano il minotauro, che vedendo i due avventurieri viene preso dall'ira a tal punto da
mordere se stesso. Virgilio dice al minotauro che nessuno di loro è Teseo, l'eroe che lo uccise, e che non sono lì per istruzione di sua sorella Arianna. Dante, utilizza il minotauro come simbolo della violenza, di coloro che si sono abbandonati a istinti bestiali e hanno danneggiato il prossimo.

Inferno, XII, vv 10-21                                               Parafrasi

cotal di quel burrato era la scesa;                         così era la discesa di quel burrone infernale;
e ’n su la punta de la rotta lacca                             e proprio all'inizio del dirupo
l’infamia di Creti era distesa                                  era distesa la vergogna di Creta,            

che fu concetta ne la falsa vacca;                         che fu concepita nella finta vacca; 
e quando vide noi, sé stesso morse,                       e quando (il Minotauro) ci vide, si morse
sì come quei cui l’ira dentro fiacca.                       come colui che è sopraffatto dall'ira.          

Lo savio mio inver’ lui gridò: «Forse                  Il mio maestro gridò verso di lui: «Forse
tu credi che qui sia ’l duca d’Atene,                     credi che qui ci sia il duca d'Atene (Teseo),
che sù nel mondo la morte ti porse?                        che nel mondo ti procurò la morte?      

Pàrtiti, bestia: ché questi non vene                       Vattene via, bestia: infatti costui non viene
ammaestrato da la tua sorella,                              seguendo le istruzioni di tua sorella (Arianna), 

ma vassi per veder le vostre pene».                        ma va a vedere le vostre pene».


Teseo

Dante cita Teseo tre volte nel suo poema. Quando incontra il minotauro (vedi sopra); nel Canto IX
dell'Inferno, quando incontra le Furie, le quali si rammaricano di non aver respinto l'attacco di Teseo; infine, nel XXIV Canto del Purgatorio, viene ricordato come l'eroe che combatté contro i centauri, esempi di gola punita.

Inferno, IX, vv 52-54                                        Parafrasi

«Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto»,            «Venga qui Medusa, così lo trasformeremo in pietra!»,
dicevan tutte riguardando in giuso;                     dicevano tutte guardando in basso; 

«mal non vengiammo in Teseo l’assalto»            «facemmo male a non vendicare l'assalto di Teseo!»

Purgatorio, XXIV, vv 121-123                         Parafrasi

«Ricordivi», dicea, «d’i maladetti                      La voce diceva: «Ricordatevi dei maledetti centauri 
nei nuvoli formati, che, satolli,                           nati da una nube, che, ubriachi,

Teseo combatter co’ doppi petti;                        combatterono Teseo coi doppi petti;





mercoledì 11 gennaio 2017

Lorenzo de Medici e "Il trionfo di Bacco e Arianna" - Canto Carnevalesco

Composto in occasione del Carnevale del 1490, Il trionfo di Bacco e Arianna è una poesia di Lorenzo de Medici, il Magnifico, appartenente ai Canti Carnascialeschi, un genere musicale diffuso nella Firenze del Quattrocento. Come suggerisce il nome, questi canti canti erano eseguiti nelle feste di Carnevale, accompagnati da carri e maschere. La metrica è di tipo folklorica, simile alla barzelletta o alla ballata.

Annibale Carracci, Trionfo di Bacco e Arianna



Il trionfo di Bacco e Arianna è forse il più rinomato canto di Lorenzo il Magnifico, con il quale invita alla gioia e alla spensieratezza ed esalta la giovinezza, rappresentata dai due innamorati, Dioniso e Arianna, e dal corteo di satiri e ninfe. Ecco a voi il componimento:





Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Quest'è Bacco e Arianna,
belli, e l'un dell'altro ardenti:
perché 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia: 
di doman non c'è certezza.

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or, da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo 
se non gente rozze e ingrate:
ora, insieme mescolate,
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio, è ebbro e lieto,
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che gioia aver tesoro,
s'altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c'ha esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

venerdì 6 gennaio 2017

Pasifae, dramma di Henri De Montherlant

La regina di Cnosso, Pasifae, è la protagonista del breve romanzo del francese Henri De Montherlant (1896-1972).
La donna si trova davanti una scelta di straordinaria attualità: compiere un gesto tabù, che la società considera immorale, ovvero, giacere col toro bianco, che sarà il padre del Minotauro.
Nel momento in cui decide di cedere al suo istinto, rompe le catene dell'etica e, da mitica regina, diventa eroina senza tempo. Va contro ai consigli del coro, che personifica la morale comune e si ribella a quelle leggi che non sono dettate dalla natura, ma dalla consuetudine.

Mi viene spontaneo citare Montaigne: "Chiamiamo contro natura ciò che va contro la consuetudine" (Essais, III, XXX)



Andre Masson, Pasiphae